“Il successo è l’abilità di passare da un fallimento all’altro senza perdere entusiasmo“. (W. Churchill)
Tenevo fra le mani il volantino del workshop e mentre mi dirigevo dove ci sarebbe stato il seminario ripetevo nella mia mente il titolo: “Come trasformare un fallimento in un successo terapeutico“. Splendidi scenari di gloria si aprirono nella mia mente: cosa c’era di meglio che apprendere i segreti per trasformare i fallimenti in successi terapeutici?! Di fare proprie le formule magiche che mi avrebbero consacrata all’Olimpo della Terapia?! Niente più fallimenti.. solo successi.Affrettai il passo! Ad un certo punto camminando, il mio sguardo si posò nella parte bassa del volantino.. Sul nome del relatore: Prof. Camillo Loriedo…
Rallentai il passo! Addio sogni di gloria.. Addio schiere di pazienti inneggianti il mio nome… Lo sapevo! Avrei dovuto confrontarmi con i miei insuccessi terapeutici.. Sapevo che non l’avrei passata liscia, sapevo che il Prof Loriedo avrebbe sottolineato ai terapeuti presenti che siamo fallaci, che spesso ce la raccontiamo, che puntiamo il dito verso pazienti incurabili, accusando la vita di riservarci solo i casi più difficili invece di guardare a noi come parte del fallimento terapeutico.
Per un attimo pensai: “ho veramente voglia di ascoltare tutto questo in un momento in cui sto costruendo le mie certezze, nel momento in cui ancora incornicio i miei successi terapeutici? Come mi avrebbe fatto sentire focalizzarmi su fallimenti… Scivolati in fretta nell’oblio della memoria come sedute mancate?!”
E mentre questi pensieri affollavano la mia mente, mi ritrovai a prendere posto nella grande aula già gremita di persone, di cui molte pronte non solo ad ascoltare ma anche a registrare ciò che Loriedo avrebbe detto. Nessuna formula magica, nessuna frase di circostanza il seminario inizia e Loriedo con la disinvoltura di chi sembra sempre lì per caso non fa nessuna presentazione, inizia a parlare e subito ci si accorge che la preparazione è impeccabile, che esperienza e conoscenza si fondono in un tutt’ uno che viene restituito alla platea come elementi rielaborati di Bioniàna memoria, facili da assimilare. Ti accorgi che dietro a frasi che non tradiscono particolare intonazione arrivano messaggi di vivace umorismo.
L’ umorismo di chi alzandosi in volo e vedendo sia al di qua che al di là delle relazioni terapeutiche riesce a fondere il comico e il drammatico, aiutandoti a cogliere i margini sfumati tra fallimento e successo, a renderlo in qualche modo più accettabile Appena il tempo di abbozzare un sorriso e già incalzano gli argomenti.
Definiamo un insuccesso terapeutico effettivo, il parziale o totale mancato raggiungimento dell’obiettivo terapeutico concordato. Talvolta l’insuccesso terapeutico può essere considerato anche quando i familiari del paziente ritengono che il supposto obiettivo non sia stato raggiunto. Se è pur vero che il fallimento è in agguato in tutte le psicoterapie, lo è ancor più nel nostro approccio ipnotico, dove spesso il paziente arriva nella nostra stanza come ultima spiaggia; avendo a suo carico diverse terapie fallite e il suo atteggiamento spesso non nasconde una sorta di scoraggiamento e sfida che può in alcuni casi sfociare in resistenze che non aiutano l’alleanza terapeutica.
Inoltre, nella terapia ipnotica soprattutto all’inizio, per il paziente da una parte, non è facile riconosce i segnali della propria trance, tradito talvolta anche dalle sue aspettative spesso di cinematografica memoria che non coincidono con quello che l’ipnosi è, dall’altra la tensione per il terapeuta che deve conoscere il paziente e talvolta troviamo tutela nell’utilizzare una ratifica ad alto valore come la levitazione della mano, che serve al paziente e a noi per ripararci dal fallimento.
Il fallimento è sempre in agguato, pronto a sventolarci in faccia la bandiera della sua vittoria e Loriedo ci insegna a guardare fra le pieghe della nostra pratica terapeutica e installare dei segnali di “pericolo” che ci aiutano a non cadere nei tranelli che in alcuni casi noi stessi ci tendiamo: come quando non consideriamo importante il problema esplicito che il paziente ci porta e scegliamo di occuparci solo di ciò che sta dietro e invece non sempre può essere così importante arrovellarsi sull’implicito, come quando facciamo delle diagnosi e queste diventano etichette che limitano i confini di crescita del paziente, come quando usiamo un unico approccio e abbiamo l’aspettativa che funzioni con tutti, come quando ci focalizziamo continuamente sul passato del paziente (che va considerato per il valore che i suoi effetti hanno nel qui e ora), come quando riteniamo che solo una terapia a lungo termine possa funzionare, come quando non consideriamo la realtà ma solo il simbolismo, tipico in alcune psicoterapie.
Il prof. Loriedo nella sua esposizione non lascia fuori nessuno e ci passa subito una ricetta per chi il fallimento non lo avesse mai provato (??!) e volesse cimentarsi con impegno per ottenerlo.
Ricetta delle 5 S per garantire un fallimento:
- Siate passivi
- Siate inattivi
- Siate riflessivi
- Siate silenziosi
- State attenti (avvertite il paziente dei pericoli.)
“Quando il terapeuta vince, il paziente perde” (Virginia Satir)
Perché può essere così importante conoscere e riconoscere il fallimento? Il fallimento può avere anche un valore nella crescita del terapeuta? Troppa enfasi, troppa importanza è sempre stata data al successo, da sempre c’è la tendenza di nascondere i fallimenti, invece possiamo imparare a guardare ai nostri fallimenti come spunti per evitare i medesimi errori in futuro, il fallimento consente ai terapeuti di mantenere l’umiltà, consente di apprendere per tentativi ed errori, riduce il gap tra terapeuta e famiglia, ridefinisce implicitamente le difficoltà familiari, riduce la dipendenza terapeuta-paziente. Certo è che se da una parte il fallimento ci aiuta a non rimanere vittima dell’onnipotenza dall’altra vanno colti i segnali precoci di rischio che la terapia ci offre per evitarlo, per soddisfare così il contratto terapeutico con il paziente.
I segnali precoci di fallimento possono esserci dati da vari aspetti e in diversi fasi della terapia: da un invio disfunzionale con troppe aspettative sia dell’inviato che dell’inviante, dalle resistenze che perdurano nelle sedute, dai troppi elogi fatti al terapeuta, dall’atmosfera pesante che si crea durante la seduta, dal temere di affrontare alcuni problemi del paziente, dalle sedute fotocopia, dal paziente che si annoia.
Se grazie ai segnali precoci sopra elencati possiamo avere un ampio margine di manovra ed evitare il fallimento, la cosa si fa più difficile, quando ad essere presenti nella stessa terapia sono gli indicatori di rischio elevato: quando il paziente squalifica il terapeuta, quando c’è attacco esplicito alla terapia, quando c’è un peggioramento del sintomo, quando ci sono assenze frequenti, acting-out anche verbali e dichiarazioni esplicite di fallimento.
Cosa fare quindi di fronte ad un fallimento affinché la nostra autostima non sia troppo lesa e la ferita narcisistica non sia troppo profonda? La consapevolezza che il fallimento fa parte dell’essere terapeuta, uomo e fallace, che per sbagliare bisogna esserci, che è importante mantenere la capacità di osservare il fallimento da diverse prospettive e ricordarsi che un fallimento di oggi potrebbe essere un successo di domani. In fondo anche Cristoforo Colombo, arrivando in America… aveva fallito il suo obiettivo. Quindi: buon fallimento a tutti!
Pubblicato su: Rivista Ipnosi, 2007, fascicolo 2, Ed. Franco Angeli
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