Nel pensiero tradizionale l’amnesia è un fenomeno ipnotico che è abitualmente associato con la psicopatologia (Zieg,1985). Generalmente viene considerato un equivalente psicologico della repressione. L’amnesia è biasimata per generare e/o mantenere i conflitti inconsci, gli affetti dissociati, e le ricordi dimenticati.
I terapeuti di stampo ericksoniano enfatizzano il potere dell’amnesia per creare una interattiva comprensione fuori consapevolezza conscia (Zieg, 1985). Zeig descrive il processo come qualcosa dove “un soggetto risponde senza piena consapevolezza della risposta o dello stimolo che la genera”. La reversibilità è vista come priva di importanza, e anche pregiudicante, per la terapia. Difatti Erickson era solito usare l’amnesia per promuovere la “chiusura” del materiale terapeutico nel inconscio senza il disgregamento conscio da parte di sovra-analisi, resistenze, o difese (Zeig,1985). I terapeuti con esperienza nell’uso dell’ipnosi con i loro clienti che hanno ricordato esperienze traumatiche del passato sono ben consapevoli che sarà loro possibile ricordere certi comportamenti o sequenze di azioni ma non potranno recuperare l’intimo, e affettivo, aspetto dell’esperienza.

L’amnesia può essere usata in terapia come intervento primario, o come supporto di un intervento primario. L’amnesia era una parte critica del lavoro di Erickson ed una componente centrale delle sue tecniche indirette. Un mezzo nel quale egli usava questo fenomeno era per prevenire il paziente da associazioni che potessero collegare lo stato di trance con quello di veglia, in questo modo sigillava via le suggestioni ipnotiche dalla consapevolezza conscia. Poiché con gli approcci indiretti l’intervento di cambiamento non era apparente, i clienti potevano aver l’esperienza di averli generati spontaneamente. Sembrando spontanei, i cambiamenti auto-diretti sono considerati più utili per quel bisogno di sentirsi autonomi nel cambiamento dei proprio pattern.

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