Definizione dell’Attenzione.
Il vocabolo attenzione proviene dal latino “attentio”, con il significato verbale di attendere, non nel senso di aspettare, ma in quello di applicarsi a fare qualcosa, a svolgere un compito. Il significato principale di attenzione è quindi quello di applicazione mentale intensa rivolta ad un’attività, o ad un oggetto.

L’attenzione può essere comandata dalla volontà, oppure orientata automaticamente dagli stimoli esterni e nella distrazione, si assiste al conflitto tra la volontà e gli stimoli esterni.

Per la psicologia cognitiva, l’attenzione è quel processo cognitivo che permette di concentrarsi selettivamente su di un particolare stimolo, ignorando gli altri. L’attenzione è quindi quel processo cognitivo che permette di selezione degli stimoli, la concentrazione su alcuni, l’organizzazione delle informazioni provenienti dall’ambiente esterno e la regolazione dei processi mentali (Schönpflug W. e U., 1992).

Il processo attentivo seleziona, in base alla loro importanza, le informazioni che arrivano al cervello e questo processo è misurabile, infatti, la soglia di attenzione può diminuire per molte cause, come la stanchezza, la noia o un’emozione improvvisa. La distrazione dell’attenzione si manifesta come fuga da un oggetto ad un altro, mentre l’affaticabilità è l’alterazione progressiva della capacità di concentrazione. In conclusione, l’attenzione, funzione cognitiva necessaria all’esecuzione di tutte le attività quotidiane, ricopre un ruolo adattivo importante per la sopravvivenza dell’individuo

Attenzione Selettiva e Attenzione Focalizzata.
L’attenzione selettiva consiste nella capacità, da parte di un agente, di selezionare, in base ad un qualche criterio, un solo oggetto fra quelli presenti nel proprio ambiente: può essere considerata come un “filtro” che seleziona le informazioni in input, decidendo quali debbano essere ulteriormente elaborate e quali, viceversa, debbano essere ignorate.

Complementare all’aspetto selettivo vi è il fenomeno della focalizzazione, che consiste nella capacità di sottoporre lo stimolo selezionato ad ulteriori elaborazioni, permettendo sia di sottoporre gli oggetti selezionati ad elaborazioni ulteriori, che di operare in maniera più efficace verso questi oggetti stessi o le aree spaziali selezionate, attraverso una detezione più veloce, una migliore capacità discriminativa ed una più alta predisposizione alla risposta (Faglioni, 1995).

Attenzione multicomponenziale (Posner, 1971).
Secondo Posner e Boies (1971), è possibile distinguere l’attenzione in tre componenti:

1- alertness, stato di allerta, si riferisce ad uno stato fisico e mentale di prontezza generalizzata alla  risposta. L’alertness può essere ulteriormente suddivisa in una componente di arousal tonico, legata al ciclo sonno veglia ed ai ritmi diurni ultradiani ed in una di arousal fasico, attivata da segnali di avvertimento;

2- attenzione selettiva, permette di rispondere ed analizzare solo alcuni stimoli che possono essere selezionati sia in base alle loro proprietà fisiche che a quelle semantiche;

3- vigilanza o sforzo mentale, riferita allo sforzo mentale conscio investito in un dato atto. La vigilanza si riferisce all’abilità di sostenere consapevolmente l’attenzione per lunghi periodi di tempo.

La disponibilità a la capacità di questo sistema attentivo, sono fortemente influenzate dalle altre componenti dell’attenzione (Posner e Boies,  1971).

Attenzione multidimensionale (Sohlberg e Mateer, 1987).
L’attenzione può essere considerata come una capacità cognitiva multidimensionale, composta da diverse componenti, ordinate gerarchicamente. Questi livelli riguardano l’attenzione selettiva, definita come la capacità di mantenere un set cognitivo comprendente sia l’attivazione che l’inibizione di specifiche risposte, l’attenzione focalizzata, ovvero la capacità di rispondere a stimoli discreti, l’attenzione sostenuta, ovvero l’abilità nel mantenere un livello adeguato di risposta, l’attenzione alternata, ovvero la flessibilità mentale richiesta per passare da un compito ad un altro ed infine l’attenzione divisa, ovvero l’abilità di rispondere in modo simultaneo a compiti multipli (Sohlberg e Mateer, 1987).

Teorie sul funzionamento dei meccanismi attentivi. 
Le teorie sul funzionamento dei processi attentivi tentano di fornire delle ipotesi esplicative circa l’esistenza, il funzionamento e la collocazione di un meccanismo di “filtro”, il quale seleziona le informazioni all’interno del flusso percettivo.

Nelle fasi pre-attentive tutta l’informazione in arrivo attraverso i canali sensoriali viene raccolta, indipendentemente dal numero di oggetti percepiti, mentre nelle fasi post-attentive, vengono elaborati soltanto i dati riguardanti lo stimolo selezionato.

L’elaborazione in parallelo, permette di effettuare alcune operazioni nei confronti della rappresentazione di innumerevoli oggetti in contemporanea, mentre le elaborazioni successive, post-attentive, sono di natura seriale, poiché si applicano ad un solo oggetto o caratteristica alla volta.

L’abbandono di una elaborazione parallela dell’informazione a favore di una di tipo seriale può essere legata alle unità di elaborazione, ovvero, il problema delle risorse limitate.

Secondo tale ipotesi, la mente funziona in maniera sequenziale quando le unità di elaborazione sono insufficienti ad analizzare tutte le informazioni contemporaneamente: «Quando le computazioni eseguite dal cervello sono faticose, nel senso che elementi esterni competono per una risorsa comune, a capacità limitata, gli psicologi etichettano questi elementi come richiedenti attenzione» (Posner e Presti, 1987).

La teoria delle risorse limitate è stata presentata per prima, se non altro per motivi storici e D. Broadbent, nel 1958, formulò la prima teoria moderna dell’attenzione muovendo da questa idea, ipotizzando che l’informazione di ogni canale sensoriale, fosse inizialmente processata in parallelo, ma che ad un certo punto convergesse in un dispositivo a capacità limitata, un “collo di bottiglia”, deputato all’identificazione degli stimoli ed alla elaborazione semantica. L’ipotesi delle risorse limitate non è sufficiente a spiegare tutti i fenomeni collegati all’attenzione selettiva, ma questo non significa comunque che sia del tutto falsa. (Bagnara, 1984).

L’abbandono di una elaborazione parallela dell’informazione a favore di una di tipo seriale è legata alla incompatibilità di alcune operazioni di svolgersi in parallelo, ovvero, il problema del conflitto della risposta, per cui è necessario che l’elaboratore compia una scelta fra le operazioni potenzialmente eseguibili. Le teorie della selezione dell’attenzione per conflitto delle risposte, sostengono che l’elaborazione sequenziale sia necessaria in quanto alcune operazioni possono essere in conflitto fra di loro e ciò  comporta una scelta circa quale operazione effettuare (Rizzolatti e Gallese, 1988).

In ultimo l’abbandono di una elaborazione parallela dell’informazione a favore di una di tipo seriale è legata è legata alle difficoltà di livello rappresentazionale, ovvero il binding problem (Hinton, McClelland e Rumelhart, 1986). Il binding problem sorge qualora il campo recettivo di un neurone abbia una dimensione tale da poter percepire simultaneamente più di un oggetto, con la possibilità di commettere errori dovuti all’intereferenza: in questo caso, è necessario che gli elementi, stimoli o caratteristiche, siano rappresentati uno alla volta, in un processo neurale, di tipo seriale (Luck e Hillyard, 2000). Per i sostenitori di tale teoria, ad esempio Treisman, gli attributi fisici sono codificati in parallelo ed automaticamente, già nei primi stadi di elaborazione visiva, mentre, gli oggetti vengono identificati soltanto in un secondo momento per l’intervento dell’attenzione selettiva (Treisman e Gelade, 1980).

Modelli Esplicativi sul Funzionamento dei Meccanismi Attentivi.
Si può definire l’attenzione come uno stato di percezione intensa o concentrata, diretta verso sezioni dello spazio percettivo, verso determinati oggetti, persone o eventi, verso determinati caratteri degli oggetti, verso determinati canali percettivi. Da un istante all’altro l’attenzione può mutare direzione e quando muta tra varie sezioni dello spazio percettivo, è connessa ai movimenti di riorientamento. Un mutamento dell’attenzione o una modifica dell’orientamento si rendono necessari, quando in un dato momento un individuo riceve solo parziali informazioni dallo spazio che lo circonda. In tal caso l’individuo è costretto a rivolgersi in successioni alle varie parti o ai vari oggetti del suo spazio percettivo. Per capire come mai un individuo utilizzi questo comportamento, ovvero rivolgersi ad un oggetto che non sta osservando, sono possibili tre tipi di spiegazioni. La prima si riferisce alla consapevolezza della presenza al di fuori del proprio spazio percettivo di altri oggetti e presuppone la conoscenza dell’ambiente. La seconda si riferisce alla esplorazione continua e sistematica dell’ambiente in cerca di informazioni ed in questo caso, come per la terza spiegazione, ovvero l’esplorazione continua e casuale, non è necessaria alcuna conoscenza dell’ambiente, ad eccezione dei limiti spaziali. L’individuo, mediante la sua capacità percettiva, può ottenere la conoscenza di quella sezione di mondo, sulla quale pone attenzione e quindi non può che scegliere tra un modello superficiale dell’intero campo percettivo o una concentrazione su una parte di esso (Schönpflug W. e U., 1992).

Selezione a livello della periferia sensoriale (Broadbent, 1958).
Il modello della selezione degli stimoli a livello della periferia sensoriale formulato da Donald Broadbent nel 1958, sostiene che la periferia sensoriale umana è paragonabile a una serie di canali d’informazione. Le informazioni in arrivo lungo questi canali devono prima essere memorizzate a breve termine e poi elaborate, ma, dal momento che la memoria a breve termine non può cogliere tutte le informazioni in arrivo contemporaneamente, deve operare una selezione. L’autore descrive questo meccanismo selettivo come simile ad un “filtro” che chiude certi canali percettivi e ne lascia aperti altri. Tale selezione si attua a livello della periferia sensoriale. A sostegno di questo modello vi sono i fenomeni di spostamento dell’attenzione da una sfera sensoriale all’altra, ad esempio non udire un rumore mentre si è concentrati a leggere (Schönpflug, 1992).

Selezione a livello dell’elaborazione centrale (Deutsch e Deutsch, 1963).
J.A. Deutsch e D. Deutsch propongono una selezione degli stimoli non al livello sensoriale, bensì a livello dell’elaborazione centrale. Secondo gli autori, in antitesi a quanto esposto nel modello di Broadbent, tutte le informazioni provenienti dai canali sensoriali sono prima elaborate e valutate e successivamente alcune vengono selezionate. Il modello della selezione a livello dell’esecutivo centrale prevede che la selezione dell’informazione avvenga successivamente all’elaborazione centrale delle informazioni. A prova di questo modello vi sono i fenomeni di restrizione dell’attenzione su determinati oggetti o classi di oggetti: in questi casi l’elaborazione centrale deve essere effettuata fino al riconoscimento del significato dell’oggetto, perché possa attuarsi una selezione (Schönpflug, 1992).

Esecutivo centrale (Baddeley, 1986).
L’attenzione può essere definita come uno sforzo mentale, dipendente dal lavoro di un meccanismo cognitivo centrale di capacità limitata. Questo meccanismo regolatore è l’esecutivo centrale e svolge funzioni di coordinamento di due sottosistemi e precisamente, il loop fonologico-articolatorio ed il taccuino visuospaziale, che, a loro volta, costituiscono gli elementi fondanti del modello della “working memory”, di Hitch e Baddeley, 1975 (Baddeley, 1990).

Il modello della memoria di lavoro propone una concezione della memoria non come una serie di magazzini mnesici, ma come un sistema cognitivo attivo.

Il loop fonologico articolatorio ha il compito di trattenere a breve termine le caratteristiche fonologiche dell’informazione, affinché questa venga elaborata per poi essere trasferita al magazzino a lungo termine.

Il taccuino visuospaziale è deputato invece alla preparazione e manipolazione delle immagine visive provenienti dall’esterno o dall’interno dell’individuo, le immagini mentali (Baddeley, 1995).

L’esecutivo centrale è il perno funzionale del sistema ed è deputato a regolare le risorse attentive permettendo, ad esempio, l’esecuzione parallela di due attività. L’esecutivo centrale appare quindi in stretta relazione con la modulazione dei processi attentivi deputati al lobo frontale o meglio alle funzioni controllate dalla corteccia prefrontale, come l’orientamento dell’attenzione sensoriale, motivazionale e motoria. Appare inoltre strettamente interrelato alla capacità di cogliere informazioni dall’ambiente per modificare la strategia d’azione in diversi compiti. L’esecutivo centrale soprassiede al mantenimento di quei prerequisiti attentivi necessari a funzioni cognitive quali l’apprendimento, la memoria, l’inventività, l’astrazione, il giudizio, la progettazione, l’inibizione  e la personalità (Faglioni, 1995).

Esecutivo Centrale:
– capacità limitata
– funzione attentiva

Loop Fonologico Articolatorio:
– sistema di rehearsal,
– elaborazione fonetica,
– “inner voice”.

Taccuino VisuoSpaziale:

– informazione visiva
– informazione spaziale
-“inner eye”.

Tab 1: Modello della Working Memory (Baddeley, 1986).

Sistema Attentivo Supervisore (Shallice, 1988).
Il Sistema Attentivo Supervisore (SAS), simile al costrutto dell’esecutivo centrale, proposto da Baddeley, esercita anche esso una funzione di controllo sui processi cognitivi, modulando il sistema di selezione competitiva, il “contention scheduling”, che a sua volta attiva o inibisce particolari schemi di comportamento. Il SAS è una sorta di meccanismo di controllo vigile delle funzioni automatiche sottostanti ed una lesione frontale danneggiando, il SAS, rende il comportamento dipendente solamente dal sistema di “contention scheduling” e questo conduce a due conseguenze tipiche del paziente frontale:

1. comportamenti rigidi, inflessibili, causati dalla mancata inibizione, da parte del SAS, di uno schema che si è attuato e che rimane in atto,

2. impossibilità di attivare o inibire selettivamente schemi di comportamento in relazione all’ambiente.

La sospensione funzionale del SAS riduce il soggetto a comportamenti rigidi ed inflessibili, causati dalla mancata inibizione, da parte del SAS, di uno schema comportamentale, che si è attivato e che rimane in atto. Il deficit del SAS, impedisce di modulare l’attivazione e l’inibizione selettiva degli schemi di comportamento in relazione all’ambiente, sia per l’incapacità di attivare gli schemi importanti, sia per la difficoltà nel sospendere quelli superflui (Bonato, 2003).

Forme dell’Attenzione e Strutture Cerebrali.
L’attenzione corrisponde alla facoltà, introspettivamente sperimentabile, di avvertire gli eventi che accadono nell’ambiente esterno ed interno a se stessi, oppure i propri bisogni.

Sul piano neurofisiologico è interpretabile come eccitabilità del sistema nervoso di fronte alle variazioni energetiche e sul piano comportamentale come la capacità di reagire agli stimoli a cui il soggetto è sottoposto. In questo senso l’attenzione è designata come diffusa, per significare che essa è rivolta a qualunque possibile tipo di evento ed in qualunque parte dello spazio percepibile e, così intesa, l’attenzione è sinonimo di vigilanza: ad ogni diminuzione dell’attenzione allora corrisponde una  diminuzione della vigilanza, come si realizza normalmente nel sonno, o in condizioni patologiche, ad esempio nel sopore, nello stupore e nel coma (Benson e Geschwind, 1975). La sostanza reticolare mesencefalica ed i nuclei intralaminari rostrali del talamo, sono reputati fondamentali per l’attivazione globale della corteccia, assicurando l’attenzione nella forma diffusa (Faglioni, 1995).

Nell’uso più comune però il termine attenzione si riferisce ad un fenomeno diverso dalla vigilanza e consistente nell’avvertire solo alcuni generi di eventi, trascurando, anzi attivamente ignorando, gli altri.

La selezione di specifici eventi come significativi e meritori di ulteriori analisi, a scapito di altri aspecifici e non significativi, corrisponde alla eccitazione del sistema nervoso di fronte a variazioni energetiche circoscritte ad un sistema sensoriale ed alla contemporanea sua inibizione di fronte a variazioni energetiche relative ad altri sottosistemi sensoriali. Sul piano comportamentale ciò si traduce nella capacità di reagire selettivamente solo ad alcuni stimoli (James, 1890). In questo senso l’attenzione è definita come selettiva o focalizzata, per indicare che essa è rivolta a specifici eventi, rispetto ad altri.

Diminuzione di attenzione selettiva corrisponde ad aumentata distraibilità (Benson e Geschwind, 1975). L’attenzione selettiva può anche essere orientata passivamente da stimoli intensi, improvvisi, nuovi, oppure essere indirizzata attivamente dalla anticipazione o dalle aspettative intenzionali del soggetto per una certa categoria di stimoli o per una loro determinata collocazione nello spazio. L’attenzione selettiva sensoriale del soggetto è assicurata da un sistema complesso costituito dai nuclei sensoriali del talamo, dalle aree sensoriali primarie e associative della corteccia retrorolandica ed ha il proprio epicentro nelle aree parietali posteriori di convergenza multisensoriale. In queste aree lo stimolo viene riconosciuto nel proprio significato e localizzato e vengono inoltre elaborate le informazioni necessarie alle altre aree corticali, per organizzare il comportamento motorio e per adottare il livello opportuno di attenzione diffusa, di competenza del sistema reticolare mesencefalico e intralaminare rostrale. Solo gli stimoli riconosciuti come significativi divengono così, da un lato guida del comportamento e dall’altro attivano lo stato generale di vigilanza.

Le aree parietali multisensoriali, parte delle aree associative sensoriali, così come la sostanza reticolare mesencefalica, possono a loro volta regolare il flusso delle informazioni attraverso i nuclei sensoriali del talamo. Un evento riconosciuto importante perché appetibile o pericoloso, aprirà il sistema afferente deputato all’attenzione selettiva sensoriale rendendolo sensibile anche a stimoli prima trascurati, mentre un evento giudicato irrilevante aumenterà la soglia del sistema fino alla sua inattivazione, dando luogo al fenomeno dell’adattamento.

Mesulam (1985), distingue una componente particolare dell’attenzione selettiva, diversa da quella sensoriale rivolta agli eventi ambientali, e la designa come motivazionale. Essa consiste nella facoltà di dare preminenza all’uno, piuttosto che all’altro, dei bisogni endogeni dell’organismo e della persona. L’attenzione selettiva motivazionale ha il proprio fulcro nella corteccia cingolata (Faglioni, 1995).

Un ultimo significato può essere attribuito alla parola attenzione, intendendola come predisposizione ad adottare specifici comportamenti motorii. Sul piano neurofisiologico corrisponde alla preparazione del sistema motorio ad attuare determinate risposte, invece di altre, in determinati settori dello spazio piuttosto che in altri, progettando l’atto motorio opportuno in previsione della sua attuazione. In questa accezione l’attenzione è designata come intenzione motoria o attenzione selettiva motoria. Il sistema dopaminergico, a partenza dal mesencefalo ventrale e dalla sostanza nera compatta mediale ed il sistema reticolare mesencefalico, mediato dai nuclei intralaminari caudali, sono reputati importanti per l’attenzione selettiva di tipo motorio. Ambedue i sistemi hanno rapporti con il lobo frontale e con il giro del cingolo anteriore.

L’attenzione selettiva, nei suoi aspetti sensoriali motivazionali e motorii, è possibile solo in presenza di un certo livello di attivazione diffusa e la compromissione di questa ultima si ripercuote negativamente sulla prima.

Il lobo frontale appare coinvolto nei fenomeni di attenzione selettiva, soprattutto nella forma intenzionale e nell’ambito del lobo frontale tre settori sono distinguibili per connessioni e funzioni:

1- le aree 8, 45, 6 sono connesse con le aree associative sensoriali di primo ordine ed appaiono in rapporto con l’attenzione selettiva di tipo motorio e sensoriale;

2- la corteccia prefrontale orbitarla e mediale è connessa alle aree piriformi ed al giro del cingolo, e sembra implicata con l’attenzione selettiva di tipo motivazionale;

3- la corteccia prefrontale laterale è connessa con le aree associative di ordine più elevato, oltre che con gli altri distretti frontali, e sembra indispensabile nella distribuzione intenzionale dell’attenzione selettiva, in tutte le sue forme (Faglioni, 1995).

Sindrome Frontale e Sindromi Disesecutive.
Indicazioni circa la partecipazione del lobo frontale ai fenomeni attentivi nell’uomo, provengono oltre che dalla patologia spontanea e chirurgica, ad esempio la ridotta motilità oculare esplorativa per lesione dell’area oculomotoria frontale, o la ridotta iniziativa motoria degli arti controlaterali per sofferenza frontale, anche dalla registrazione elettrica di superficie e dal flusso cerebrale distrettuale.

L’incapacità di adeguarsi a circostanze nuove, l’incapacità di abbandonare modi di comportamento ovvii ed abituali per adottarne altri più confacenti ed infine la difficoltà di sintetizzare informazioni, selezionando dagli elementi superflui quelli utili al fine di perseguire un compito, sono i deficit che si trovano, sotto varie forme, nel soggetto con lesione frontale. Il paziente frontale mostra un difetto di apprendimento che può essere riferito alla incapacità nel costruire, automatizzare ed utilizzare spontaneamente una strategia.

Il comportamento cognitivo nel paziente frontale è determinato dalla incapacità di astrazione, ovvero, di cogliere nei multiformi elementi che compongono la realtà le caratteristiche essenziali che li accomunano tra loro e li differenziano dagli altri. In mancanza di concetti astratti il paziente rimane legato alla concretezza ed alla immediatezza della situazione, in balia di reazioni automatiche e abitudinarie.

Milner, nel 1963, somministrando il Wisconsin Card Sorting Test a soggetti con sindrome frontale ha evidenziato che, i pazienti con lesione prefrontale, mostravano difficoltà nell’abbandonare un comportamento di classificazione ormai consolidato, per adottarne uno nuovo, consono ai mutati segnali forniti dall’esaminatore (Faglioni, 1995). Questi dati sono coerenti con l’ipotesi di Shallice che le eterogenee disfunzioni, tipiche della sindrome frontale, possono essere ricondotte ad un deficit generale nel Sistema Attenzionale Supervisore (Bonato, 2003).

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