La concezione del mondo onirico in Freud ed in Jung
Innanzi tutto bisogna sottolineare che la concezione freudiana è “causale”, ovvero spinge a chiedersi il perchè dei fenomeni, mentre con Jung ci si domanda qual’è il fine di un certo evento psichico.
Per Freud il sogno è un tentativo di appagamento di un desiderio rimosso o represso (e che potrebbe giungere alla soglia della coscienza).
Certi moti pulsionali non potendo essere soddisfatti nella vita vigile riemergono durante la notte, in un altro piano di realtà; ma in fondo c’è perplessità sul reale contenuto dei sogni.
“Nell’interpretazione dei sogni” Freud afferma che la realtà materiale non fornisce criteri di giudizio, perciò questa stessa realtà potrebbe essere diversa da come i nostri sensi ce la mostrano.
Questa indeterminatezza ha un corrispettivo nei sogni; noi non siamo mai sicuri di un sogno, c’è sempre uno scarto fra il sogno nella realtà psichica e il nostro ricordo, la realtà materiale rivendica i suoi diritti.
La nostra mente, il nostro computer mentale, registra, durante il giorno, tutti gli eventi e successivamente potrà dar luogo ad un sogno, solo però se c’è la possibilità di collegare queste idee ad un desiderio.
Occorrono dunque due elementi:
1) la mente che registra tutto
2) nella catena associativa ci deve essere la possibilità di collegare i resti diurni con qualcosa di più arcaico.
Dall’unione di questi due elementi nasce il sogno con significato psichico che può rivelarci un desiderio inconscio, questo perchè nella matrice ultima tutti gli eventi hanno un senso se sono collegati con l’inconscio.
Durante la notte il materiale psichico, che per associazione si poggia sul desiderio, trova delle elaborazioni.
Emerge un “senso psichico” che parla un linguaggio dimenticato che presenta le cose come se fossero simili; ciò rappresenta un problema in quanto non sappiamo se il soggetto pensato deve essere preso alla lettera o come simbolo.
Freud parte da un presupposto secondo il quale “solo ciò che ha senso può entrare nel sogno“, e per questo ogni immagine deve essere correlata con una concatenazione di altre immagini.
Freud fà una distinzione tra contenuto manifesto e contenuto latente.
Il contenuto manifesto designa ciò che emerge così come si vede, ossia il sogno prima che venga sottoposto all’indagine analitica; il sogno come appare al sognatore che lo racconta.
Per Freud il contenuto manifesto è il prodotto del lavoro del sogno, mentre il contenuto latente è il prodotto del lavoro inverso, cioè dell’interpretazione.
Il contenuto latente fa si che il sogno, una volta decifrato, non appaia più come un racconto per immagini, ma come un’organizzazione di pensieri, un discorso, che esprime uno o più desideri.
Il contenuto latente prima è riempito dagli avvenimenti, poi si appoggia sul desiderio.
Il sogno, come il sintomo, diventa una sorta di compromesso fra le esigenze dell’inconscio e del conscio.
Il contenuto manifesto è solo una facciata che ci da solo ciò che ricordiamo del sogno, c’è una specie di filtro fra noi e le immagini.
Incubazioni, pensieri latenti, agganciamenti con l’inconscio, tutto viene fuori quando ci svegliamo sotto una forma diversa. Se ci svegliamo dopo un certo tempo, il ricordo sarà forte ma se passa troppo tempo sarà difficile ricordare: la nostra memoria ci dà solo una minima parte delle nostre esperienze percettive, questo a causa dei meccanismi difensivi.
Noi aggiungiamo molte altre immagini mentre quelle significative sono perse di vista dalla convinzione di non aver sognato.
Nel sogno poi non è detto che il soddisfacimento del desiderio si realizzi.
Bisogna fare i conti con la facciata manifesta e ciò avviene tramite le associazioni, quella catena di immagini sulla quale opera lo spostamento.
Lo spostamento, come la condensazione, è un meccanismo di deformazione onirica, attraverso il quale il secondario sostituisce l’essenziale; l’accessorio al posto del fondamentale.
L’essenziale cede il posto al secondario, solo perchè il suo valore non può essere riconosciuto. La coscienza si difende in questo modo dalle irruzioni perniciose di un inconscio che minaccia di travolgerla (L.V.Arena, Realtà e Linguaggio dell’Inconscio, Borla 1995, Roma).
Dunque non si può mai parlare di sogno ma de ricordo del sogno, visto che si scivola da un piano di realtà ad un altro: il sogno ricordato si differenzia da quello in origine.
Il sognatore fa un determinato sogno e in quell’istante è la realtà psichica a dominare la sfera onirica. Poi, però, al risveglio cerca di ricordare il sogno, accedendo stavolta ad un altro piano di realtà, caratterizzato dal predominio della coscienza.
Nel caso degli incubi si tratta di un peso psichico troppo pesante per cui ci si sveglia; ciò accade perchè il sogno, che Freud chiama il custode del sonno, in quel caso non svolge la sua funzione. Questo perchè le pretese pulsionali sono talmente forti che non c’è appagamento ma angoscia.
La coscienza, che non dorme mai, ad un certo punto tira fuori il soggetto dal sogno esercitando una funzione protettrice; un’altra maniera di proteggere il sognatore è quella di dire: “è solo un sogno, stai solo sognando”.
Freud è convinto che se il soggetto non si svegliasse potrebbe vedere più chiaro nella sua vita psichica, in quanto l’incubo è sempre dato dall’emersione di un forte desiderio che da un significato alla realtà psichica.
C’è sempre una relazione una paura e un desiderio; il desiderio è un fenomeno primario mentre la paura è derivato.
Se l’incubo fosse continuato prenderebbe un’altra piega rivelando il desiderio; e la coscienza sa che è un’allucinazione ovvero che il desiderio sarà soddisfatto solo sul piano allucinatorio.
Nel sogno l’esame di realtà è assente perchè la realtà psichica prende il sopravvento; c’è una parte di noi che vuole capire se il desiderio viene soddisfatto oppure no.
C’è sempre un’istanza che protegge la psiche e può essere chiamata “censura”; l’io, il super io, sono forze che non consentono il soddisfacimento completo.
Per Jung c’è sempre una lotta tra l‘inconscio e la coscienza ma c’è una differenza; l’inconscio rivela se stesso e parla con il soggetto attraverso l’intera specie, dunque non è il soggetto che lancia un messaggio a se stesso ma è l’intero genere umano. E’ come come se avessimo una saggezza che ci fa capire qualcosa che ignoreremmo; per Jung nel sogno è l’inconscio collettivo che ci parla.
I sogni premonitori per Freud sono solo coincidenze mentre per Jung sono messaggi dell’inconscio della razza, non solo individuale ma transpersonale.
Secondo Jung i sogni ci suggeriscono qualcosa, ci indicano una via da seguire, ci guidano verso l’oltre.
Jung va oltre quando suggerisce che i sogni mostrano una cooperazione tra l’inconscio e la coscienza, e non si può più affermare che l’inconscio nasconda la realtà psichica.
Per Jung il contenuto manifesto è in fondo il contenuto latente, il sogno è proprio così come appare e dice sempre ciò che vuole dire.
Per Jung il sogno invia al sognatore un messaggio delle potenze dell’inconscio, e il conscio, seppur con tutte le resistenze, ha tutto l’interesse a decifrare questo messaggio, coglierne le linee essenziali.
In questo senso Jung tende ad attenuare le distinzioni tra i piani di realtà; il passaggio da un piano di realtà ad un altro è più agevole, si tende ad una contaminazione di un piano nell’altro.
E’ vero che vi sono contenuti archetipici ma questi intendono altro e non nascondono nulla; ecco perchè sul piano clinico Jung consiglia di attenersi nell’interpretazione solo a ciò che è chiaramente e visibilmente disponibile. Ciò perchè l’inconscio trae le sue origini nel passato arcaico dell’uomo e quindi quello è il suo linguaggio.
Per Jung i sogni comunicano sempre qualcosa e possono essere anche premonitori in quanto nell’inconscio non c’è una distinzione fra i tempi, il futuro c’è già stato.
Anche se la concezione è diversa sia per Freud che per Jung il sogno rimane la via regia per l’inconscio…solo che…..”l’uomo di Jung tende a vivere immerso nelle nebbie dell’inconscio, da cui attende lumi per la linea di condotta ottimale, mentre l’uomo freudiano si barcamena tra due piani di realtà, in un equilibrio incerto ma anche in un’esistenza più avvincente e sfaccettata (L.V.Arena, Realtà e Linguaggio dell’Inconscio, Borla 1995, Roma).
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