La nostra mente non si esaurisce nelle operazioni di recepire, selezionare le informazioni presenti nell’ambiente, memorizzarle e comunicarle. La nostra mente è anche in grado di lavorare su quelle stesse informazioni per “andare oltre”: come trarre conclusioni a partire da ciò che è noto o esprimere un giudizio etc…
In casi di questo genere diciamo che “la mente pensa”, il pensiero non opera totalmente in autonomia rispetto agli altri processi cognitivi. Se dovessimo scegliere un aggettivo per qualificare una persona che è in grado di compiere bene operazioni mentali probabilmente il termine “intelligente” ci apparirebbe il più appropriato: da ciò si potrebbe pensare che l’intelligenza coincida con la capacità di pensare bene.
Stern definisce l’intelligenza come quella capacità o disposizione ad utilizzare in modo adeguato allo scopo tutti gli elementi del pensiero necessari per riconoscere impostare e risolvere nuovi problemi.
Alcuni studiosi hanno cercato di individuare le cosiddette teorie implicite dell’intelligenza, ossia i complessi di opinioni che un individuo possiede circa l’intelligenza. Stenberg cercando di raggruppare le caratteristiche attribuite all’intelligenza individua le seguenti categorie: capacità di soluzione dei problemi, abilità verbale e competenza sociale. Queste indagini ci confermano che l’intelligenza viene soprattutto collegata alla capacità di pensiero (in particolare di tipo logico-verbale) sebbene includa aspetti non unicamente cognitivi.
E’ stato riscontrato il diversificarsi del concetto d’intelligenza in diverse culture: ad esempio nella popolazione dei Mashona (Zimbawe) la parola indigena che equivale ad intelligenza, “ngware”, è usata soprattutto per indicare un comportamento cauto e prudente nelle relazioni sociali.
Se ne deduce che il concetto di intelligenza è relativo al contesto culturale cui si appartiene e che in alcuni ambiti, esso include elementi che vanno oltre i temi classicamente studiati dalla psicologia del pensiero.
I primi tentativi di studiare l’intelligenza sono partiti dall’assunto che l’intelligenza sia un’unica abilità generale; Binet fu incaricato di mettere a punto un test per individuare nella popolazione scolastica parigina, i bambini che manifestavano difficoltà intellettive per poterli inserire in classi speciali. Strutturò un serie di prove volte a rilevare l’ “Età mentale” dei soggetti (Binet/Simon 1905). L’ Età mentale di un individuo corrisponde alla capacità di rispondere adeguatamente alle prove cui tipicamente sanno rispondere i soggetti di una data età cronologica.
Il “Quoziente d’intelligenza” (Q.I) termine introdotto nel 1912 da Stern, esprime appunto il rapporto tra età mentale ed età cronologica (moltiplicando il risultato per cento); tale impostazione presuppone che l’intelligenza sia una capacità generale e omogenea che si manifesta in modo simile nei diversi campi in cui la persona si applica.
In seguito grazie agli apporti dell’impostazione fattorialista l’intelligenza iniziò ad essere considerata una struttura articolata, scomponibile in parti, chiamate “fattori”, i quali corrispondono a diverse abilità distinte.
Una idea “parsimoniosa” – in parte ancora vicina all’idea di intelligenza unica – è quello di Spearman (1923) che prevede due soli tipi di fattori: un fattore generale (g), riferito ad una abilità presente in tutti i compiti intellettivi e alcuni fattori specifici propri dei diversi compiti; in questa ottica l’intelligenza di un individuo sarebbe determinata prevalentemente dal grado con cui egli possiede il fattore g, anche se tale abilità generale può manifestarsi con gradi differenti a seconda di quanto l’individuo è dotato nello specifico ambito (verbale spaziale) in cui si trova ad operare.
Un’altra bipartizione è proposta da Cattel (1971) che distingue tra intelligenza cristallizzata e intelligenza fluida. La prima riflette l’effetto dell’acculturazione; si riferisce all’insieme delle conoscenze acquisite dall’individuo, all’esperienze compiuta nel corso della vita, alla capacità di comprendere i messaggi che vengono comunicati, alla capacità di giudizio e di ragionamento in situazioni quotidiane. L’intelligenza fluida fa invece riferimento ad abilità che non sono trasmesse dalla cultura, ossia capacità di base indipendenti dall’esperienza.
Thurstone (1938), infine, individua 5 attitudini intellettive primarie: ragionamento astratto, ragionamento spaziale, abilità numerica, fluidità di pensiero, significato verbale. Le ultime tipologie citate suggeriscono i l’idea che l’intelligenza si differenzi secondo l’ambito in cui ritrova ad operare.
In questa prospettiva Gardner(1983) sostiene la cosiddetta “Teoria dell’intelligenze multiple” , in cui si continua a considerare l’intelligenza come composta da abilità distinte, che però non sono intese come fattori specifici per dominio ma sono individuate nella maggiore varietà di campi. Gardner ipotizza sette differenti tipologie di intelligenza logico-matematica, consistente nella capacità di operare su simboli e parole stabilendo rapporti e formulando regole; linguistica, collegata alla sensibilità per il significato, il suono, l’ordine delle parole e per le diverse funzioni del linguaggio; musicale, corrispondente alla capacità di distinguere il significato e l’importanza di una serie di suoni organizzati aritmicamente; spaziale , equivalente alla capacità di percepire forme e riconoscere elementi in diversi contesti; cinestetica, riferita alla capacità di usare abilmente il proprio corpo per fini espressivi e pratici; intrapersonale, dipendente dalla capacità di capire se stessi, i propri sentimenti e di esprimerli; interpersonale, riguardante la capacità di cogliere la personalità e le intenzioni altrui e di influire sugli altri.
Gardner ha ipotizzato anche l’esistenza di due ulteriori intelligenze, denominate naturalistica riferita alla capacità di risolvere problemi o creare prodotti traendo spunto da materiali o caratteristiche dell’ambiente naturale (Darwin: esempio) e spirituale , collegato alla profondità nel cogliere il significato nella vita e nella realtà.
La Teoria delle Intelligenze multiple comporta che i diversi tipi di intelligenza siano presenti in tutti gli esseri umani e che la differenza tra le relative caratteristiche intellettive vada ricercata unicamente nelle rispettive combinazioni.
La nozione d’ intelligenza emotiva già descritta da Howard Gardner nelle due forme, intrapesonale e interpersonale, è stata tuttavia sviluppata nei suoi molteplici componenti e conseguenze pratiche da Daniel Goleman il quale distingue due principali sottocategorie: le competenze personali, riferite alle capacità di cogliere i diversi aspetti della propria vita emozionale; le competenze sociali, relative alla maniera con cui comprendiamo gli altri e ci rapportiamo ad essi.
Tra le competenze personali troviamo la consapevolezza di sé, l’autocontrollo e soprattutto la capacità di alimentare la propria motivazione, formata da una giusta dose di ottimismo e di spirito d’iniziativa. Tra le competenze sociali, la più importante è costituita dall’empatia, ossia la capacità di riconoscere le emozioni e i sentimenti negli altri, ponendoci idealmente nei loro panni e riuscendo a comprendere i rispettivi punti di vista gli interessi e le difficoltà interiori. La comunicazione, altra attitudine sociale, è invece la capacità di parlare agli altri facendo coincidere il contenuto esplicito dei messaggi con le proprie convinzioni ed emozioni.
Da un punto di vista applicativo Goleman ha creato un training specifico a sviluppare la capacità di cogliere i sentimenti e el emozioni altrui e nostri, indirizzandoli in modo costruttivo. A differenza dell’intelligenza legata al QI, che si stabilizza intorno ai 16 anni, l’intelligenza emotiva può essere migliorata nel corso di tutta la vita.
Abbiamo sinora considerato un modo “orizzontale” di intendere l’organizzazione dell’intelligenza, un modo che porta ad individuare tipi di intelligenze poste, per cosi dire, sullo stesso piano. L’intelligenza può essere però articolata anche in senso verticale ipotizzando vari livelli.
Una concezione di questo genere è stata elaborata da Guilford (1967) che propone una struttura dell’intelligenza in base alla combinazione di tre dimensioni (operazioni, contenuti e prodotti). Le operazioni sono attività di base che la mente compie con le informazioni che riceve dai sistemi-percettivo sensoriali (cognizione, memoria,produzione divergente, produzione convergente).I contenuti fanno riferimento alla natura delle informazioni ( figurativo, simbolico, semantico,comportamentale). I prodotti si riferiscono alla forma assunta dalle informazioni quando viene elaborata dalla mente, cioè ai risultati dell’applicazione di un operazione ad un contenuto (unità, classi, relazioni, trasformazioni).
Guilford offrì, inoltre, una riflessione sul fatto che certi test valutano il risultato prodotto da un tipo di pensiero convergente e conformista. Significa che certi tipi di prove sono espressione non solo del livello culturale, dell’ambiente ecologico e sociale, ma anche del tipo di pensiero utilizzato e richiesto per una performance adeguata: l’originalità non è valutabile, o meglio, viene implicitamente valutata negativamente se non concorre a fornire le risposte richieste.
Una teoria recente dell’intelligenza, che pure prevede un articolazione verticale, è la “Teoria triarchica” di Sternberg (1985), Questa si compone di tre sottoteorie: la teoria “contestuale”, definisce l’intelligenza in rapporto all’ambiente; la teoria “esperenziale”, studia l’interazione tra l’individuo e i compiti che deve affrontare; la teoria “componenziale” cerca di individuare i meccanismi mentali di base, le componenti dell’intelligenza ( che si divide a sua volta in 3 sotto-componenti: metacomponenti – legati alle strategie e responsabili dell’organizzazioni generali del pensiero ; componenti di prestazione – permettono di realizzare i piani stabiliti a livello di metacomponenti; componenti di acquisizioni di conoscenze – utili per affrontare situazioni che si presentano per la prima volta.)
Da questa panoramica dei principali modi di intendere l’intelligenza ricaviamo l’idea che vi sono diverse forme attraverso cui le capacità di pensiero possono manifestarsi, forse anche per questo non esiste una definizione univoca di intelligenza, ma ogni definizione risente dell’orientamento di pensiero che la formula.
Fonte: (Riassunto da) “Psicologo verso la professione” , P.Moderato-F. Rovetto; ed. Mc Graw Hill
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