L’estasi è definita come: “uno stato psichico di svincolamento dalla realtà, d’entusiasmo fanatico e di commozione, misto a senso di rapimento, a volte accompagnato da visioni e da sensazioni uditive allucinatorie” (Vocabolario della Lingua Italiana, di Nicola Zingarelli, 12 ed., pag.641).
Il termine deriva dal greco ekstatis, che costella termini come spostamento, mutazione, deviazione. Sembra essere un turbamento della condizione esistente.
L’esperienza estatica nasce sempre dalla rottura con il tenore di vita quotidiana, con il decorso normale dei pensieri, con il legame all’ambiente e con la percezione spazio-temporale. Si tratta di una rivelazione di un modo di vita originale e diverso, una presa di coscienza di un mondo non più diviso. Il soggetto ha l’impressione che il funzionamento abituale della sua coscienza si alteri e che egli sperimenti un altro rapporto col mondo, con se stesso, col proprio corpo, con la propria identità.
Secondo la psicologia di Carl Gustav Jung, il fenomeno dell’estasi può essere visto secondo due aspetti: il primo indica l’estasi come, “uno stato intenso di piacere, durante il quale la coscienza, sotto l’influsso di un determinato complesso, regredisce a stati primitivi, sino a trovarsi con uno sguardo che avrebbe la possibilità di rappresentare in modo adeguato ciò che è impossibile per la coscienza stessa” (P. F. Pieri, Dizionario Junghiano, pag.272). Secondo la psicologia analitica, l’io congiungendosi con il sé, raggiungerebbe un sentimento di vitalità e di rinnovamento. L’estasi rappresenterebbe un’esperienza significativa per la coscienza.
Nella seconda accezione, l’estasi, è vista come, “quel particolare turbamento della coscienza che porta al riconoscimento dei limiti, dei poteri conoscitivi della stessa coscienza. La condizione estatica può svolgere la funzione d’oltrepassamento dello stato psichico esistente” (P. F. Pieri, Dizionario Junghiano, pag.273).
Nell’estasi avviene l’abolizione delle distinzioni tra colui che vede e la cosa vista. Alcuni riti estatici rappresentano il rinnovamento della vita psichica. L’esperienza estatica non è un evento desiderato dall’io, poiché rappresenta una forma di sacrificio. L’esperienza estatica, secondo Jung, può comparire nei fenomeni di criptomnesia, nell’isteria, nel sonnambulismo e nella schizofrenia paranoide. Jung distingue anche l’estasi come evento indesiderato dalla coscienza e l’estasi come evento ricercato dalla coscienza e dall’intelletto, al fine di distruggere l’esistente per dimostrare ancora una volta la forza dell’io. Diverso è il discorso che riguarda Freud. Nei primi anni venti, pare sia stato Freud a cercare di entrare in rapporto con lo scrittore francese (premio nobel per la letteratura nel 1916) Romain Rolland. Da questo lungo carteggio venne l’abitudine di definire l’esperienza mistica come; sentimento oceanico o sensazione oceanica. Da quel momento in poi, prende il via una lunga e tortuosa serie di relazioni, caratterizzate da continui equivoci e malintesi, aventi per oggetto la mistica.
Si da il caso che l’espressione sentimento oceanico faccia scattare in Freud qualcosa di nuovo. Romain Rolland rimprovera a Freud di non capire che la sensazione oceanica, se può essere assimilata a un ritorno allo stato primario, intra-uterino, è anche un’espansione illimitata, positiva, cosciente di se stessa e che si accompagna ad un benessere supremo, irriducibile a qualsivoglia serenità infantile. Secondo Rolland, il sentimento oceanico sarebbe la fonte della vera religiosità. Dal canto suo, Freud scrive: “Per quel che mi riguarda, non riesco a scoprire in me questo sentimento oceanico” (S. Freud, Il Disagio della Civiltà, vol.10, pag.558).
Con ciò egli intende ricordare il carattere strettamente personale e soggettivo di tal esperienza, l’impossibilità di generalizzarla. Ma è chiaro che il sentimento oceanico non gli darà pace e nel Disagio della Civiltà tenterà di spiegarlo nei termini della sua psicologia. Si tratterà di un tentativo di toglierlo di mezzo, di sgombrarlo dalla sua strada.
In Risultati, idee, problemi, egli scrive: “Mistica: l’oscura autopercezione del mondo che è al di fuori dell’io, e dell’es” (Freud S., Risultati, Idee, Problemi, vol.11, pag. 566). Freud dichiara anche di poter raggiungere il sentimento oceanico solo come un’intuizione intellettuale. Egli crede che i soggetti esposti all’esperienza oceanica sarebbero coloro che, in funzione delle circostanze particolari della loro storia individuale, avrebbero preservato nel proprio intimo alcune tracce di quel solipsismo originario della coscienza infantile.
“Normalmente, nulla è per noi più sicuro del senso di noi stessi, del nostro proprio io…..verso l’esterno, almeno, l’io sembra mantenere linee di demarcazione chiare e nette. Solo in uno stato, in uno stato in verità eccezionale, ma non tale da poter essere stigmatizzato come patologico, le cose vanno diversamente. Al culmine dell’innamoramento, il confine tra io e oggetto minaccia di dissolversi” (S. Freud, Il Disagio della Civiltà, pag.559).
L’esperienza estatica è vista come un contatto con un mondo arcaico dell’esperienza che ignora ancora la distinzione fondamentale io-non io. Sembra che Freud abbia intravisto anche una specie di funzione svelante dell’esperienza mistica: “Ci è anche facile immaginare che certe pratiche mistiche possano riuscire a rovesciare i normali rapporti fra singoli territori della psiche, così che, per esempio, la percezione sia in grado di cogliere eventi profondamente radicati nell’io o nell’es, che le sarebbero stati altrimenti inaccessibili” (S. Freud, Introduzione alla Psicoanalisi, vol.11, pag.190).
In Un disturbo di memoria sull’Acropoli: lettera aperta a Romani Rolland, Freud, “sembra essersi affacciato per un attimo su un paesaggio mentale in cui i confini del reale e dell’irreale, del credibile e dell’incredibile perdono la loro nettezza; dove, di conseguenza, sorge il rischio di una perdita, sia pure parziale, dell’identità personale” (E. Fachinelli, La mente estatica, pag.147). Egli stesso parla di depersonalizzazione, nel momento in cui i confini personali si fanno incerti, e appare un senso di confusione-partecipazione con l’altro. L’annuncio di una gioia troppo forte è per lui motivo d’incredulità, troppo bello per essere vero.
Forse il sentimento di stupore provato sull’Acropoli è in qualche modo associato a qualcosa che tocca l’ambito precluso su cui Romani Rolland, con il suo disturbante sentimento oceanico, aveva attirato l’attenzione di Freud? L’esperienza estatica potrebbe essere una scoperta tardiva, di Freud, di una dimensione nascosta dell’es? Questo polo pulsionale cieco, impersonale, potrebbe possedere una capacità di relazionarsi direttamente a se stesso? Lo stesso Freud aveva parlato d’autopercezione.
L’esperienza estatica è caratterizzata da una rottura improvvisa del corso ordinario dei pensieri, da una perdita di qualunque contatto efficace con l’ambiente circostante, angoscia, sensazione di essere catapultati in un tempo, uno spazio, un universo qualitativamente differenti, meraviglia. Caratteristico è il senso di rivelazione sconvolgente di una realtà di fronte alla quale il mondo sensibile e la realtà sociale non sono altro che ombre, associato alla consapevolezza che un unico slancio vitale, un ‘unica emozione eterna ci anima tutti allo stesso modo, da sempre e per sempre. La gioia mistica offre la possibilità dell’annullamento del pensiero, della riflessione, una vera liberazione dal concettuale accompagnata da una dilatazione infinita dello spazio e del tempo. La subitaneità, l’ineffabilità, l’indescrivibilità è caratteristica intrinseca dell’esperienza estatica. Va ricordato anche che una certa fragilità psichica, un indebolimento temporaneo, una malattia, uno shock violento, una sorpresa, sono sempre condizioni che facilitano l’esperienza estatica, ma non sufficienti a scatenare l’autentica esperienza estatica, caratterizzata soprattutto dalla beatitudine.
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