Di: Dr. Mario Talvacchia
Psicologo e Psicoterapeuta. Scuola Italiana di Ipnosi e Psicoterapia Ericksoniana (S.I.I.P.E.)
Sentimenti d’unione con tutto l’universo, visioni e immagini di tempi e luoghi lontani, sensazioni di vibranti correnti d’energia che corrono lungo il corpo accompagnate da spasmi e tremiti violenti. Visioni di dei e di demoni, gioia smisurata e beatitudine, paura d’impazzire o perfino di morire.
Una persona che esperisce fenomeni mentali e fisici tanto intensi potrebbe benissimo essere etichettata come psicotica. La psicologia e la psichiatria fanno fatica a distinguere le esperienze estatiche, d’unione mistica, dalle psicosi. Durante l’esperienza estatica crollano tutte le vecchie restrizioni mentali, il pensiero non è più lineare, strane e conturbanti emozioni invadono la psiche, non si è più capaci di distinguere la realtà esterna dal mondo interiore. I confini dell’io si disintegrano, il tempo e lo spazio non sono più gli stessi. Viene sperimentato un caos interiore a volte devastante, voci e visioni si alternano nello spazio mentale.
Sentimenti di gioia e beatitudine infinita danno l’idea dell’unione con il divino. Durante l’estasi il mondo si trasforma perché la nostra coscienza si trasforma, si tratta di uno stato alterato di coscienza che apre le porte su una realtà diversa. Molte delle esperienze che caratterizzano l’esperienza estatica sono le stesse che provano gli schizofrenici. È difficile fare chiarezza, delineare il confine che separa l’esperienza estatica da quella psicotica.
Non si tratta di cercare di rendere “normale” il patologico, ma tentare di capire cos’è l’estasi, il suo significato e vedere se per forza di cose debba rientrare nel patologico. L’estasi amorosa, sessuale, quella provocata da sostanze psicoattive, l’estasi durante la danza, l’estasi che si raggiunge con la meditazione ecc., stanno a testimoniare che quest’esperienza non è poi così rara nella vita di chiunque. Le profonde alterazioni della capacità di percepire il mondo nella maniera ordinaria, il contatto con una realtà nuova e sconvolgente, il senso infinito di beatitudine, sono sempre patologici?
Lo psichiatra scozzese Roland D. Laing era convinto che i sani di mente non lo fossero realmente, e che gli psicotici non sarebbero pazzi come sembrano. Di fronte ad uno schizofrenico diventa impossibile non riconoscere l’aspetto patologico che caratterizza la sua esistenza, ma l’esperienza estatica, staccata dal contesto degli altri sintomi, è di per se patologica? Anche la psichiatria moderna trova difficoltà nel definire cosa sia esattamente la schizofrenia. Comunque la maggior parte dei clinici considera la schizofrenia come “ un’insieme di disturbi in cui predominano la discordanza, l’incoerenza ideo-verbale, l’ambivalenza, l’autismo, le idee deliranti e le allucinazioni mal sistematizzate oltre a profondi disturbi affettivi nel senso del distacco e della stranezza dei sentimenti-disturbi che hanno la tendenza ad evolvere verso un deficit e una dissociazione della personalità” (Henry Ey, P. Bernard e Ch. Brisset, Manuale di Psichiatria, pag.558).
Oppure “ la schizofrenia può essere definita come un disturbo caratterizzato dalla presenza di un cluster di sintomi che si associano in varia misura con frequenza significativa: disorganizzazione del pensiero, alterazioni della comunicazione verbale e non verbale, appiattimento e discordanza affettiva, deliri bizzarri, allucinazioni uditive, perdita della progettualità, ritiro sociale” (P. Pancheri, in G. B. Cassano, Trattato Italiano di Psichiatria, pag.1241).
È facile riconoscere all’interno di questo quadro, molte similitudini con l’esperienza estatica tanto da indurre gli psichiatri a ritenere che l’esperienza estatica sia al limite tra la normalità e la psicosi.
Un’esperienza che esce dall’orizzonte del nostro senso comune, come quell’estatica, è facilmente assimilabile alla diversità e alla follia. L’esperienza schizofrenica è la forma di follia più misteriosa, meno conosciuta. Lo schizofrenico sprofonda nel vuoto del non-essere, vuoto popolato da dei e demoni, visioni e voci. Assiste impotente al crollo delle fondamenta usuali del senso del mondo che tutti condividiamo, dei vecchi obiettivi, dei significati. La distinzione tra immaginazione, sogno, percezioni esterne è quasi impossibile. Lo schizofrenico è confuso, egli è un alieno, uno straniero che ha perso il suo senso d’identità, il suo posto nel mondo. Il merito della psicoanalisi è stato quello di tentare di capire il vissuto dello schizofrenico, di dare un senso all’esperienza d’ogni individuo, di comprendere il mondo del malato, anche quello inconscio.
L’esperienza estatica potrebbe somigliare ad un’accesso psicotico di breve durata, come quello prodotto da sostanze psicoattive.
“Le esperienze vissute durante le ebbrezze tossiche sono di alto interesse. Non solo sono fenomeni strani, il cui fascino suscita la curiosità per tali esperienze e il cui godimento comporta grandi pericoli, ma, in certo modo, rappresentano psicosi modello” (K. Jaspers, Psicopatologia Generale, pag.501.).
Questo dimostra la grande variabilità delle nostre esperienze, la flessibilità della coscienza e la possibilità di accedere ad una nuova modalità di percepire la realtà. Attraverso l’estasi si coglie una realtà, il più delle volte, legata a qualche cosa di immenso, di sacro, divino. Anche negli schizofrenici è accentuato questo legame con la fonte dell’amore universale, tanto di arrivare a parlare di “follia divina”.La storia dimostra che in passato molte “affezioni mentali” hanno contribuito allo sviluppo di sistemi spirituali. “Le narrazioni che ritroviamo in ogni parte del mondo, di peregrinazione dell’anima attraverso i mondi celesti e quelli degli inferi ricordano le esperienze schizofreniche. Questi stati degli schizofrenici oggi sono senza importanza. Coloro che ne sono colpiti vanno in giro come pazzi disprezzati o sono ricoverati in istituti di cura. Nessuno di essi acquista prestigio per le proprie esperienza morbose. Ma forse in tempi passati è stato diverso” (K. Jaspers, Psicopatologia Generale, pag.779).
Molti schizofrenici hanno avuto un ruolo, grazie alle loro particolari esperienze psichiche, nel fondare sette religiose, anche in tempi recenti. Perché questa simbiosi tra la follia e la divinità? Cos’è quest’esperienza estatica e perché sembra che apra un canale di comunicazione con il sacro? Si tratta di una forma di regressione dell’ego in difesa contro lo stress? O di un’estensione infinita dell’identità personale verso il divino? Anche K. Jaspers, nel suo trattato sulla psicopatologia scrive: “Ma è certo che nello sfondo esiste un’occulta correlazione tra la malattia e le profonde possibilità umane, fra l’esser pazzi e l’esser saggi…gli stati d’estasi dei curatori, degli sciamani, le frenesie dei dervisci, le orge dei barbari, come le feste dionisiache dei greci e altri fatti simili, sono tutti processi in qualche modo affini psicologicamente” (K. Jaspers, Psicopatologia Generale, pag.780, 786). L’esperienza estatica è fuggevole, passeggera, porta con se beatitudine e gioia, perdita dei confini e della realtà. È solo un attimo, mentre la schizofrenia è una condizione esistenziale, un modo di essere nel mondo.
La schizofrenia, il più delle volte, comporta sofferenza e timore. È difficile uscire fuori da questa realtà, forse la schiavitù durerà tutta la vita. L’estasi somiglia di più ad un’oasi è per questo non è sempre patologica. Potrebbe essere un’esperienza insita nella natura umana, uno spazio da sempre accantonato, una zona di pericolo per l’affermazione dell’io personale.
“Si tratta di superare, in definitiva, il nostro generale disconoscimento dell’estatico, cogliendo in esso un momento originario di molteplici esperienze; probabilmente delle esperienza più creative della vita umana” (E. Fachinelli, La mente estatica, pag.12). Nell’arte, nella musica, nella poesia, nella scienza, nella spiritualità, l’esperienza estatica ha rappresentato sempre il momento della scoperta, della creazione, dell’illuminazione. L’estasi, in definitiva, potrebbe rappresentare una folgorazione improvvisa che sconvolge la mente, aprendo una via verso una percezione nuova della realtà.
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